Il dono del Consiglio

“Benedico il Signore che mi ha dato consiglio;

anche di notte il mio animo mi istruisce.

Io pongo sempre davanti a me il Signore,

sta alla mia destra, non potrò vacillare”

Salmo 16, 7-8

Oggi parliamo del dono del Consiglio.

È fondamentale poter avere il parere di persone sagge, che ci tengono a noi e ci vogliono bene, in particolare nelle situazioni più difficili e complesse.

Per mezzo del dono del Consiglio, è Dio stesso, che sotto l’ispirazione dello Spirito Santo illumina il nostro cuore, così da farci comprendere il modo giusto di parlare e di comportarsi e la via da seguire.

Questo dono ci porta a giudicare rettamente ciò che bisogna fare secondo la volontà di Dio, specialmente nei casi difficili.

Per meglio comprenderlo, dobbiamo sapere che esso porta a perfezione la virtù della prudenza.

La prudenza è la virtù umana che, illuminata dalla fede, ci aiuta a comprendere attraverso la riflessione e la meditazione qual è la volontà di Dio da seguire nelle varie circostanze della vita.

La prudenza influisce sulle altre virtù cardinali, ha una supremazia e un compito di discernimento su di esse. Guida infatti la volontà a volere la giustizia e regola le passioni mediante la temperanza e la fortezza.

Così anche il dono del Consiglio ha un ruolo direttivo sui doni della Fortezza, della Pietà e del Timor di Dio, li regola.

Le due facoltà proprie dell’uomo sono l’intelligenza e la volontà ed è qui che agiscono, perfezionandole, le tre virtù teologali, che regolano i nostri rapporti diretti con Dio: la fede opera specialmente sull’intelligenza, mentre la speranza e la carità perfezionano la volontà.

Anche i doni dello Spirito Santo agiscono sull’intelligenza e sulla volontà.

La Sapienza, l’Intelletto e la Scienza operano in particolare sull’intelligenza, mentre gli altri quattro doni, insieme alle relative virtù morali o cardinali, intervengono a regolare la volontà.

Ritornando alla virtù della prudenza, questa comporta dunque un atteggiamento di riflessione, di analisi, di preghiera, magari di ascolto di diverse persone prima di arrivare ad una decisione fondata, tale da dare pace al cuore. Insomma richiede un lungo processo.

Il dono del Consiglio è invece una illuminazione da parte dello Spirito Santo, per cui una persona, come per istinto, sceglie ciò che è la volontà di Dio da compiere, anche se ha poco tempo per riflettere.

Su questo tema, Papa Francesco ci insegna che il Consiglioè il dono con cui lo Spirito Santo rende capace la nostra coscienza di fare una scelta concreta in comunione con Dio, secondo la logica di Gesù e del suo Vangelo.

In questo modo, lo Spirito ci fa crescere interiormente, ci fa crescere positivamente, ci fa crescere nella comunità e ci aiuta a non cadere in balia dell’egoismo e del proprio modo di vedere le cose.

Così lo Spirito ci aiuta a crescere e anche a vivere in comunità. La condizione essenziale per conservare questo dono è la preghiera.

e in un altro passaggio sempre riguardo alla preghiera, il Santo Padre ci spiega ancora:

“È lo Spirito che ci consiglia, ma noi dobbiamo dare spazio allo Spirito, perché ci possa consigliare.

E dare spazio è pregare, pregare perché Lui venga e ci aiuti sempre.

Questo dono dello Spirito Santo ci permette di attuare la volontà di Dio nelle circostanze reali, nella vita di tutti i giorni.

Inoltre ci aiuta a risolvere situazioni, che di per sé sembrerebbero insolubili alla luce della prudenza umana, anche se è illuminata dalla fede.

Uno degli effetti più importanti di questo dono consiste nel preservarci dal pericolo di una falsa coscienza.

Noi tutti siamo maestri nel camuffare sotto ragioni di bene ciò che in verità è una soddisfazione dei nostri capricci o delle nostre passioni.

Chi possiede questo dono, non si lascia ingannare, non confonde il bene con il male.

Lascia infatti che la luce di Dio, lo Spirito Santo, entri anche nelle profondità recondite del suo cuore a illuminare le zone più oscure della sua anima.

In questo modo è più difficile illudere se stessi portando delle ragioni di carattere spirituale a giustificazione delle proprie comodità e dei propri capricci.

In modo particolare coloro che hanno delle responsabilità nei confronti degli altri, specialmente in campo spirituale e in campo educativo, quindi non solo i maestri di spirito e i sacerdoti, ma anche i genitori e gli insegnanti, necessitano più che mai del dono del Consiglio.

Per ricevere questo dono, occorre riconoscersi umili, che non siamo nulla davanti alla Sapienza di Dio, di chiedere a Dio di illuminarci venendoci in soccorso della nostra ignoranza.

Siccome il dono del Consiglio altro non è che il suggerimento per il nostro agire che Dio stesso dà al nostro cuore, dobbiamo imparare a creare in noi il silenzio dai rumori del mondo per ascoltare la voce di Dio, che ama parlare al cuore quando è nella solitudine, quando la nostra mente e il nostro cuore sono liberi dai pensieri e dalle preoccupazioni.

Concludendo, questo dono è la bussola che ci indica costantemente il Cielo. Senza la luce del Consiglio, si è come ciechi.

Il dono dell’Intelletto

“Egli ci ha fatto conoscere il mistero della sua volontà,

secondo quanto nella sua benevolenza aveva in lui prestabilito

per realizzarlo nella pienezza dei tempi:

il disegno cioè di ricapitolare in Cristo tutte le cose, quelle del cielo come quelle della terra”.

Efesini 1, 9-10

Parliamo oggi del secondo dono dello Spirito Santo.

Il dono dell’Intelletto è quel lume della mente che ci aiuta ad addentrarci nella conoscenza delle cose soprannaturali.

Ci conduce alla verità di Dio e ad un equilibrato rapporto con Lui.                     

Se manca questo dono, subentrano errori che deviano il retto pensare e il giusto agire.

Papa Francesco ci spiega, parlando di questo dono:

Non si tratta qui dell’intelligenza umana, della capacità intellettuale di cui possiamo essere più o meno dotati.

È invece una grazia che solo lo Spirito Santo può infondere e che suscita nel cristiano la capacità di andare al di là dell’aspetto esterno della realtà e scrutare le profondità del pensiero di Dio e del suo disegno di salvezza.

Il vocabolo Intelletto etimologicamente deriva infatti dal latino: “intus legere”, che significa: “leggere dentro, guardare dentro”.

Con il dono dell’Intelletto non conosciamo la “parte esterna delle cose divine, ma questo dono ci porta all’intima essenza di esse.

La nostra mente si incontra con la verità di Dio, favorendo una fede incrollabile.

È lo sguardo interiore o meglio vedere le cose con l’occhio di Dio.

Come ci insegna ancora il Santo Padre: “Questo dono ci fa capire le cose come le capisce Dio, con l’intelligenza di Dio.

È il dono con cui lo Spirito Santo ci introduce nell’intimità con Dio e ci rende partecipi del disegno d’amore che Lui ha con noi.

Riprendendo un passo dell’Apostolo Paolo, che si rivolge alla comunità di Corinto, papa Francesco ci descrive gli effetti di questo dono in noi:

«Quelle cose che occhio non vide, né orecchio udì, né mai entrarono in cuore di uomo, Dio le ha preparate per coloro che lo amano.

Ma a noi Dio le ha rivelate per mezzo dello Spirito» (1 Cor 2, 9-10).

“Questo ovviamente non significa che un cristiano possa comprendere ogni cosa e avere una conoscenza piena dei disegni di Dio:

tutto ciò rimane in attesa di manifestarsi in tutta la sua limpidezza quando ci troveremo al cospetto di Dio e saremo davvero una cosa sola con Lui.

Il dono dell’Intelletto perfeziona le virtù della fede e della speranza.

Attraverso questo dono, la fede e la sua sorella speranza giungono al loro pieno e perfetto sviluppo.

Una speranza gioiosa, insieme a una fede certa, sono frutto del dono dell’Intelletto, che facilita la comprensione della Parola di Dio, della teologia e di tutta la verità.

Papa Francesco a questo proposito afferma: “È chiaro allora che il dono dell’intelletto è strettamente connesso alla fede.

Quando lo Spirito Santo abita nel nostro cuore e illumina la nostra mente, ci fa crescere giorno dopo giorno nella comprensione di quello che il Signore ha detto e ha compiuto.

Lo stesso Gesù ha detto ai suoi discepoli: io vi invierò lo Spirito Santo e Lui vi farà capire tutto quello che io vi ho insegnato.

Capire gli insegnamenti di Gesù, capire la sua Parola, capire il Vangelo, capire la Parola di Dio.

Uno può leggere il Vangelo e capire qualcosa, ma se noi leggiamo il Vangelo con questo dono dello Spirito Santo possiamo capire la profondità delle parole di Dio”.

Grazie dunque al dono dell’Intelletto comprendiamo la Parola di Dio, cogliamo il senso profondo delle Sacre Scritture.

Allo stesso modo con questo dono possiamo capire fino in fondo il dono dell’Eucarestia.

Con un semplice sguardo possiamo infatti cogliere la presenza di Dio, al di là delle apparenze del pane e del vino.

Questo dono dello Spirito Santo ci permette inoltre di individuare la presenza di Dio in tanti avvenimenti, che sembrerebbero del tutto casuali.

Quante volte ci è capitato! Non non sono coincidenze, ma come le chiamo io sono “Cristoincidenze” o “Dioincindenze”.

Con questo dono si riesce a vedere Dio in ogni cosa e al di là di tutte le cose.

L’Intelletto mette al centro la Parola di Dio e alla sua luce vengono relativizzate le proprie idee e tutte le invenzioni umane.

Svaniscono le false immaginazioni e le illusioni dell’amor proprio, cadono le nostre false sicurezze e si rimane solidamente ancorati alla vera fede.

Il traguardo del dono dell’Intelletto è condurci alla contemplazione semplice e pura della bellezza e della dolcezza di Dio.

Già in questa vita vedremo la gioia della visione celeste.

Concludiamo ancora con le parole del Pontefice, papa Francesco, su questo tema:

“C’è un episodio del Vangelo di Luca che esprime molto bene la profondità e la forza di questo dono.

Dopo aver assistito alla morte in croce e alla sepoltura di Gesù, due suoi discepoli, delusi e affranti, se ne vanno da Gerusalemme e ritornano al loro villaggio di nome Emmaus.

Mentre sono in cammino, Gesù risorto si affianca e comincia a parlare con loro, ma i loro occhi, velati dalla tristezza e dalla disperazione, non sono in grado di riconoscerlo.

Gesù cammina con loro, ma loro sono tanto tristi, tanto disperati, che non lo riconoscono.

Quando però il Signore spiega loro le Scritture, perché comprendano che Lui doveva soffrire e morire per poi risorgere, le loro menti si aprono e nei loro cuori si riaccende la speranza (cfr Lc 24, 13-27).

E questo è quello che fa lo Spirito Santo con noi: ci apre la mente, ci apre per capire meglio, per capire meglio le cose di Dio, le cose umane, le situazioni, tutte le cose.

È importante il dono dell’intelletto per la nostra vita cristiana.

Chiediamolo al Signore, che ci dia, che dia a tutti noi questo dono per capire, come capisce Lui, le cose che accadono e per capire, soprattutto, la Parola di Dio nel Vangelo”.

Il dono della Sapienza

“Dio dei padri e Signore di misericordia, che tutto hai creato con la tua parola,

che con la tua sapienza hai formato l’uomo, perché domini sulle creature fatte da te,

e governi il mondo con santità e giustizia e pronunzi giudizi con animo retto,

dammi la sapienza, che siede in trono accanto a te e non mi escludere dal numero dei tuoi figli,

perché io sono tuo servo e figlio della tua ancella, uomo debole e di vita breve, incapace di comprendere la giustizia e le leggi.

Se anche uno fosse il più perfetto tra gli uomini, mancandogli la tua sapienza, sarebbe stimato un nulla.

Tu mi hai prescelto come re del tuo popolo e giudice dei tuoi figli e delle tue figlie;

mi hai detto di costruirti un tempio sul tuo santo monte, un altare nella città della tua dimora,

un’imitazione della tenda santa che ti eri preparata fin da principio.

Con te è la sapienza che conosce le tue opere, che era presente quando creavi il mondo;

essa conosce che cosa è gradito ai tuoi occhi e ciò che è conforme ai tuoi decreti.

Inviala dai cieli santi, mandala dal tuo trono glorioso,

perché mi assista e mi affianchi nella mia fatica e io sappia ciò che ti è gradito.

Essa infatti tutto conosce e tutto comprende, e mi guiderà prudentemente nelle mie azioni

e mi proteggerà con la sua gloria.

Così le mie opere ti saranno gradite;

io giudicherò con equità il tuo popolo e sarò degno del trono di mio padre.”

Sapienza 9, 1-12

In questo brano re Salomone invoca il Signore per ottenere il dono della Sapienza.

Oggi iniziamo infatti un percorso per comprendere meglio i doni dello Spirito Santo. Ma cos’é la Sapienza?

La parola sapienza non deriva dall’italiano sapére, come di primo acchito potrebbe sembrare, ma dal latino sàpere che vuol dire gustare.

Alla mente mi viene subito un passo di un salmo che recita: “Gustate e vedete, quanto è buono il Signore!” (Sal 34, 9).

Perciò il dono della Sapienza non va confuso con la conoscenza dottrinale.

Mediante questo dono l’anima diventa facilmente docile all’azione dello Spirito Santo nel contemplare Dio e le cose di Dio e nel valutare e giudicare, sia le cose divine, sia le cose create, alla luce di Dio.

Nel brano del libro della Sapienza, messo in evidenza all’inizio, leggiamo: “La Sapienza conosce le tue opere, conosce che cosa è gradito ai tuoi occhi e ciò che è conforme ai tuoi decreti.” (cfr. Sap 9, 9). La Sapienza serve a conoscere il volere di Dio.

Papa Francesco ce lo spiega bene: Non si tratta semplicemente della saggezza umana, che è frutto della conoscenza e dell’esperienza.

La sapienza è proprio questo: è la grazia di poter vedere ogni cosa con gli occhi di Dio. È semplicemente questo: è vedere il mondo, vedere le situazioni, le congiunture, i problemi, tutto, con gli occhi di Dio. Questa è la sapienza.

È come se avessimo perso il nostro sentire e il nostro vedere umano, per sentire e vedere la realtà delle cose dal punto di vista di Dio e dell’eternità.

San Tommaso scrive: Il dono della Sapienza si esperimenta attraverso una conoscenza eminente che dà certezza piena, per mezzo di un’intima unione alle cose divine.

La Sapienza ha il suo principio nell’amore, ma la sua essenza nella conoscenza, per cui l’atto suo proprio è la contemplazione delle cose amate e il giudizio, dal punto di vista di queste, di tutte le altre. (III Sentetiarum, q. 35,2,1)

Il dono della Sapienza ci rende capaci di accogliere la presenza divina attraverso lo Spirito Santo, che effonde in noi l’amore di Dio (cfr. Rm. 5, 5).

È il dono della Sapienza che ci fa percepire l’amore di Dio. Soltanto un cuore illuminato dal dono della Sapienza può amare con quella carità che conduce necessariamente a un amore totale e infinito. Quell’amore divino che ci porta su ali d’aquila verso le vette dei Cieli.

Esiste dunque una reciprocità tra il dono della Sapienza e la virtù teologale della carità: principio della Sapienza è l’amore, ma la Sapienza, a sua volta, termina nell’amore, in quanto perfeziona la carità.

La carità con il dono di Sapienza si sviluppa in tutta la sua pienezza e perfezione.

Frutto del dono della Sapienza è la contemplazione e l’adorazione.

Non si tratta di vedere, ma di sperimentare in contemplazione adorante.

La Sapienza ci rende adoratori di Dio in spirito e verità.

Dio si fa presenza immediata. Ora, davanti a Lui, non si parla più, ma si fa silenzio, si contempla, si adora, ci si lascia immergere il Lui e riempire di Lui.

Chi ha la Sapienza, ha un dono di adorazione profonda. Non solo adora, ma assapora, esperimentandola, la realtà ineffabile di Dio, che è tutto.

La Sapienza è gusto interiore che ci sazia e dà pace.

Il sapiente ha la sua gioia nel servire il Signore, dimenticando se stesso e avendo come unico fine la gloria di Dio.

Senza la Sapienza non può esserci il vero culto a Dio!

Essa ci rende capaci di contemplare Dio e le cose divine e grazie ad essa ogni realtà la vediamo alla luce di Dio. Il dono della Sapienza ci rende capaci di accogliere la presenza divina, si è detto prima. Come Mosé davanti al roveto ardente.

San Giovanni Paolo II affermava che il cristiano vale quanto prega. Dobbiamo tornare alla preghiera, perché solo chi prega, sa poi servire e sporcarsi le mani e solo chi sta in ginocchio, poi può stare anche in piedi.

Ci si può anche dare da fare, ma solo dalla preghiera nasce la visione comune. Solo con la preghiera il cuore dell’uomo si riempie dell’amore di Dio, si apre all’amore del fratello e diventa capace di costruire la storia secondo il disegno divino. (Novo Millennio Ineunte 33)

Giungi in conclusione, leggiamo nel testo della Sapienza, che Salomone, quando chiede il dono della Sapienza, afferma: “Mi hai detto di costruirti un tempio sul tuo santo monte!” (Sap 9, 8).

Tramite il dono della Sapienza, il Signore ci invita a camminare sulle Sue vie, a salire sul Suo monte santo, dove staremo alla Sua presenza per contemplare e adorare Dio per mezzo dello Spirito Santo e cantando le Sue lodi, tutti insieme ci prostreremo davanti al Signore.

“Per questo pregai e mi fu elargita la prudenza; implorai e venne in me lo spirito della sapienza.

La preferii a scettri e a troni, stimai un nulla la ricchezza al suo confronto;

non la paragonai neppure a una gemma inestimabile,

perché tutto l’oro al suo confronto è un po’ di sabbia e come fango sarà valutato di fronte ad essa l’argento.

L’amai più della salute e della bellezza, preferii il suo possesso alla stessa luce, perché non tramonta lo splendore che ne promana.

Insieme con essa mi sono venuti tutti i beni; nelle sue mani è una ricchezza incalcolabile.

Godetti di tutti questi beni, perché la sapienza li guida, ma ignoravo che di tutti essa è madre.

Senza frode imparai e senza invidia io dono, non nascondo le sue ricchezze.

Essa è un tesoro inesauribile per gli uomini;

quanti se lo procurano si attirano l’amicizia di Dio, sono a lui raccomandati per i doni del suo insegnamento”.

Sapienza 7, 7-14

Pentecoste 2020


Pentecoste – Particolare dell’Abbazia della Dormizione di Maria sul monte Sion a Gerusalemme

Oggi festeggiamo la Pentecoste, una festa cristiana che spesso viene messa in secondo piano e non tutti ne conoscono il significato pieno.

La Pentecoste è la realizzazione del mistero pasquale.

Lo Spirito Santo è infatti il dono del Cristo risorto, anzi il frutto della sua obbedienza fino alla morte.

Il Giovedì Santo, durante l’Ultima Cena, Gesù afferma infatti: “Io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Consolatore, perché rimanga con voi per sempre” (Giovanni 14, 16)

Durante la sua Passione dunque, Gesù ci promette lo Spirito Santo, che nella sua morte in Croce scaturisce dal suo costato inondando l’umanità intera.

Quando Gesù appare risorto agli Apostoli la sera del giorno di Pasqua “alitò su di loro e disse: <<Ricevete lo Spirito Santo>>”.

È Cristo dunque che con la sua morte e la sua risurrezione ci ha meritato il dono dello Spirito. La Pentecoste è il frutto della Pasqua.

Lo Spirito Santo rende attuale in noi tutto ciò che Cristo ha compiuto una volta per sempre.

Cristo muore e risorge per “radunare i figli dispersi” (cfr. Giovanni 11, 52).

Nella storia, nel tempo è lo Spirito che rende contemporanea e attuale quest’opera.

A Pentecoste (cfr. Atti degli Apostoli 2) nasce la Chiesa, la comunità di amore.

Essa ha coscienza che non è nata da un progetto umano, né da volontà d’uomo, ma da Dio.

Con un intervento prodigioso, Dio ha effuso il suo Spirito sugli apostoli e sui discepoli radunati in preghiera nel Cenacolo con Maria, la madre di Gesù.

“Venne all’improvviso dal cielo un rombo, come di vento che si abbatte gagliardo, e riempì tutta la casa dove si trovavano.
Apparvero loro lingue come di fuoco che si dividevano e si posarono su ciascuno di loro; ed essi furono tutti pieni di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue come lo Spirito dava loro il potere d’esprimersi”
(Atti degli Apostoli 2, 2-4)

La forza dello Spirito dona agli apostoli il coraggio di annunciare pubblicamente la risurrezione di Gesù e apre il cuore di coloro che li ascoltano alla fede e alla conversione.

È nata così, nel giorno di Pentecoste, la prima comunità cristiana, segno e modello per le comunità cristiane di tutti i tempi; risposta divina all’esigenza profonda di comunione che nasce dal cuore umano; luce di speranza per tutti gli uomini e le donne.

Ai piedi del Sinai, dopo il passaggio del Mar Rosso, l’antica Pasqua, Dio fa agli ebrei il dono della sua Legge, consegnando i dieci comandamenti e trasforma così una massa di schiavi in un popolo libero. Nasce così l’antico popolo di Dio, nella festa della Pentecoste ebraica.

A Gerusalemme, cinquanta giorni dopo la risurrezione di Gesù, la nuova Pasqua, Dio fa il dono dello Spirito Santo al gruppo dei credenti radunati nel Cenacolo e li trasforma interiormente. Nasce il nuovo popolo di Dio, la Chiesa, nella Pentecoste cristiana.

Nella Chiesa, lo Spirito suscita la diversità dei carismi e li rende “servizi” per l’edificazione e la crescita dell’unico Corpo di Cristo.

La presenza dello Spirito Santo che opera, in modo implicito nell’Antico Testamento, e in modo esplicito nel Nuovo, va riconosciuta in ogni momento del piano della salvezza.

Egli è lo Spirito creatore che edifica il Corpo di Cristo; è il dono messianico per eccellenza che fa entrare l’uomo in un nuovo e definitivo rapporto con Dio e lo conforma a Cristo; conserva e alimenta la comunione di salvezza tra gli uomini.

Dono ottenuto e inviato a noi da Gesù Cristo, ne continua e completa la missione, animando e guidando la Chiesa e il mondo nel cammino verso l’ultimo compimento.

È lo Spirito che spinge la Chiesa a svilupparsi, a rinnovarsi, a capire i tempi, a evangelizzare il mondo; è lui che ne conserva la struttura organica e ne vivifica le istituzioni; è lui che viene comunicato nei sacramenti, per mezzo dei quali santifica il popolo di Dio.

Lo Spirito Santo, effuso nella Pentecoste, è principio di unità e di interiorità. Egli distribuisce alla Chiesa doni e carismi, vi suscita vocazioni e opere che l’autorità non estingue ma discerne, giudica e coordina.

Lo Spirito Santo crea l’uomo nuovo. 

Conosciamo che dimoriamo in Dio e Dio in noi perché ci ha fatto il dono del suo Spirito. E la prova che siamo figli è questa: “Dio mandò lo Spirito del Figlio suo nei nostri cuori, il quale grida: Abbà, Padre” (cfr. Gal 4, 6).

È per questo dono che “non siamo più schiavi, ma figli, e se figli, anche eredi, coeredi di Dio, coeredi di Cristo” (cfr. Gal 4, 7). E diciamo allora: “dove c’è lo Spirito, là c’è la libertà” (cfr. 2 Cor 3, 17).

La Rivelazione ci mostra che Dio si inserisce sempre più intimamente nella sua creazione e che dona sempre più profondamente se stesso per rendere partecipe l’uomo alla sua vita, per realizzare con lui la più intima comunione.

È un’opera unica finalizzata, fin dall’inizio, a questa comunione. Essa inizia a partire dal Padre, che crea per amore, è realizzata dal Figlio, inviato dal Padre, per mezzo del mistero pasquale, attuata e portata a compimento nel tempo dello Spirito inviato dal Padre e dal Figlio.

Noi crediamo per fede che è lo Spirito Santo che ci ha resi “uomini nuovi”, conformandoci interiormente a Cristo, trasformandoci in uomini e donne non con un cuore di pietra, bensì di carne, che sanno amare. Figli del Padre e fratelli e sorelle di tutti gli uomini in Cristo: figli nel Figlio.

Lo Spirito Santo, che è Spirito di verità, di amore e di unione, è sorgente dell’amore autentico nel mondo: è la forza che spinge l’uomo a superare i limiti dell’egoismo, ad aprirsi. È presente in ogni tentativo per la liberazione dell’uomo, per la sua piena umanizzazione.

Concludendo, vorrei allora riferirmi al discorso del Santo Padre, durante l’incontro di Charis, il Servizio Internazionale per il Rinnovamento Carismatico Cattolico, alla Veglia di Pentecoste del 30 maggio 2020. Papa Francesco afferma infatti riguardo alla pandemia di coronavirus che stiamo vivendo:

Tutta questa sofferenza non sarà servita a nulla se non costruiremo tutti insieme una società più giusta, più equa, più cristiana, non di nome, ma di fatto, una realtà che ci porti a una condotta cristiana.  Se non lavoreremo per porre fine alla pandemia della povertà nel mondo, alla pandemia della povertà nel Paese di ognuno di noi, nella città dove vive ognuno di noi, questo tempo sarà stato invano.

Dalle grandi prove dell’umanità, e tra queste la pandemia, si esce migliori o peggiori. Non si esce uguali. Io vi chiedo: Come volete uscirne voi? Migliori o peggiori? Ed è per questo che oggi ci apriamo allo Spirito Santo affinché sia Lui a cambiare il nostro cuore e ad aiutarci a uscirne migliori”.

Riceviamo dunque in questa Pentecoste la forza dello Spirito Santo per uscire migliori di prima da questo momento di dolore e di prova rappresentato dalla pandemia.

BUONA PENTECOSTE!