
Ci soffermiamo oggi sulla quarta beatitudine, che dice:
«Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati» (Matteo 5, 6)
Per noi la giustizia consiste nel fatto che ad ognuno venga dato ciò che gli corrisponde. In un processo, a chi è colpevole il castigo, a chi è innocente il riconoscimento della sua innocenza; nella società, ad ognuno ciò che è suo secondo i suoi diritti o di proprietà o di lavoro.
Ci muoviamo all’interno del binomio diritto-dovere. E ne siamo sempre più sensibili.
Gesù si muove su un’altra lunghezza d’onda. Egli parla della giustizia anzitutto come una qualità di Dio. E non nel senso che Egli sia un giudice che presiede il tribunale davanti al quale devono comparire tutti gli uomini, ma nel senso che interviene per salvare dall’ingiustizia chi è incapace di salvarsi da sé. Il giudizio finale sulla nostra vita ci sarà, ma nella sua infinita misericordia Dio continua a venirci a salvare. E vuole la nostra salvezza!
Egli fa giustizia inizialmente salvando il popolo ebreo schiavo in Egitto, liberandolo poi costantemente dai nemici che lo opprimono e, al suo interno, proteggendo «l’orfano, la vedova e lo straniero», i quali, nel linguaggio dell’Antico Testamento, sono il prototipo del debole, dell’indifeso e dell’afflitto.
Ci spiega infatti Papa Francesco che: “Le Sacre Scritture parlano del dolore dei poveri e degli oppressi che Dio conosce e condivide. Per aver ascoltato il grido di oppressione elevato dai figli d’Israele – come racconta il libro dell’Esodo (cfr 3, 7-10) – Dio è sceso a liberare il suo popolo. Ma la fame e la sete della giustizia di cui ci parla il Signore è ancora più profonda del legittimo bisogno di giustizia umana che ogni uomo porta nel suo cuore”.
Anche quando la Bibbia parla di un suo inviato, il futuro re-messia, profezia su Gesù, che realizzerà pienamente i suoi voleri nel mondo, lo descrive come uno che farà giustizia in questo preciso modo.
Nel Salmo 72 viene così descritta la sua figura, all’interno della preghiera che si fa per lui:
«Dio, da’ al re il tuo giudizio, al figlio del re la tua giustizia;
regga con giustizia il tuo popolo e i tuoi poveri con rettitudine.
Le montagne portino pace al popolo e le colline giustizia.
Ai miseri del suo popolo renderà giustizia,
salverà i figli dei poveri e abbatterà l’oppressore…
Egli libererà il povero che grida e il misero che non trova aiuto,
avrà pietà del debole e del povero e salverà la vita dei suoi miseri.
Li riscatterà dalla violenza e dal sopruso,
sarà prezioso ai suoi occhi il loro sangue».
Un altro passo biblico dal libro della Sapienza afferma inoltre, spiegandoci il termine giustizia:
“Conoscerti, infatti, è giustizia perfetta, conoscere la tua potenza è radice di immortalità” (Sap 15, 3a).
Ciò significa che quando si entra in intimità con Dio e si riconosce chi è Dio nella sua onnipotenza, allora si è introdotti nell’ordine supremo della giustizia e nell’orizzonte dell’immortalità promessa a quanti amano la giustizia.
Il Catechismo della Chiesa Cattolica sostiene che: «La grazia dello Spirito Santo ci conferisce la giustizia di Dio. Unendoci mediante la fede e il Battesimo alla passione e alla risurrezione di Cristo, lo Spirito ci rende partecipi della sua vita».
Questo significa che il dono dello Spirito Santo ha il potere di redimerci dai nostri peccati e di comunicarci la giustizia di Dio per mezzo della fede in Gesù Cristo e mediante il Battesimo.
Perciò per mezzo della potenza dello Spirito Santo, noi prendiamo parte alla passione di Cristo morendo al peccato, e alla sua risurrezione nascendo a una vita nuova.
Questa è la giustizia di Dio: salvarci dal peccato e dalla perdizione, per vivere con Lui nel suo amore per l’eternità. Non è questa una beatitudine?

La fame e la sete sono bisogni primari, fisiologici, come il respirare e il dormire. Senza di esse non si sopravvive. Non si tratta quindi di soddisfare una voglia qualsiasi, bensì è una necessità vitale e quotidiana, come il cibo.
Il Santo Padre a riguardo ci insegna:
“Ma cosa significa avere fame e sete di giustizia? Non stiamo certo parlando di coloro che vogliono vendetta, anzi, nella beatitudine precedente abbiamo parlato di mitezza. Certamente le ingiustizie feriscono l’umanità; la società umana ha urgenza di equità, di verità e di giustizia sociale; ricordiamo che il male subito dalle donne e dagli uomini del mondo giunge fino al cuore di Dio Padre. Quale padre non soffrirebbe per il dolore dei suoi figli?”
Basta dare uno sguardo ai vangeli, per avvertire che Gesù sentiva intensamente fame e sete di questa giustizia.
Tutta la sua attività è ispirata alla sua realizzazione.
È facile cogliere in essi il suo ardente desiderio di «rendere giustizia ai miseri del suo popolo», di «salvare la vita dei miseri».
Nel vangelo di Luca troviamo questa frase posta sulla sua bocca: «Sono venuto a portare il fuoco sulla terra; e come vorrei che fosse già acceso!» (Lc 12, 49).
Possiamo pensare che questo fuoco sia stato quell’intensissimo desiderio che lo spingeva a voler instaurare la vera giustizia di Dio nel mondo. Un desiderio che lo portava a privilegiare nella sua attenzione e nella sua sollecitudine i più deboli, i più emarginati, gli esclusi, gli ultimi della società. E a riempirsi di gioia quando riusciva a farlo, come si vede in Lc 10, 21-22, dove egli esulta nello Spirito e rende grazie al Padre, appunto perché questi «piccoli» sono raggiunti dalla sua azione. È che davvero «ai suoi occhi era prezioso il loro sangue», cioè la loro vita, la loro salute, la loro dignità. In una parola, la loro felicità.
L’amore appassionato per questa giustizia gli rese però la vita difficile. Quelli che non la amavano, anzi, la rifuggivano soprattutto perché volevano difendere ad ogni costo le proprie posizioni ingiuste, anche servendosi a questo scopo della religione, videro in Lui un pericolo e una minaccia. Lo perseguitarono perciò in mille modi, e infine l’appesero ad una croce. Non sapevano che così gli aprivano la via alla pienezza della vita.

Oggi nel mondo c’è indubbiamente una accresciuta sensibilità per la giustizia. Soprattutto per quella sociale, che è diventata quasi una bandiera per la rivendicazione dei diritti dei più deboli. È che si è andato prendendo coscienza delle tremende ingiustizie esistenti. Ingiustizie che hanno dei risvolti non solo individuali, ma anche e pesantemente sociali, fino a raggiungere livelli planetari.
Come hanno evidenziato crudamente i documenti papali da qualche decennio in qua, la maggior parte dell’umanità, quella che è stata chiamata Terzo Mondo, è in situazione di estrema e umiliante povertà. Una povertà che le viene inflitta attraverso meccanismi socio-economici che non permettono a milioni di uomini e donne di avere neanche il minimo necessario per vivere con dignità.
A questo si aggiungono le ingiuste emarginazioni sociali, politiche e culturali della donna, l’esclusione e perfino la persecuzione di coloro che non praticano la propria religione, l’isolamento di coloro che sono culturalmente diversi…
Ma, tutto sommato, si può dire che oggi più che in altri tempi c’è maggior fame e sete di quella giustizia sognata da Gesù. Dappertutto spuntano movimenti di rivendicazione dei diritti degli ultimi: dei poveri, dei terzomondiali, delle donne, dei neri, …
Sono movimenti che vogliono ottenere giustizia per essi, e si impegnano in quella direzione tanto a livello assistenziale (quanto volontariato è cresciuto in questi anni!) quanto a livello socio-politico.
Alcuni lo hanno fatto e lo fanno pagando duramente di persona. Sono stati perseguitati, esiliati, torturati in mille modi inumani, e perfino li hanno eliminati, come fecero in altri tempi con Gesù. Il caso dell’arcivescovo Oscar Romero, assassinato nel Salvador per la sua indomita difesa dei più poveri, è certamente uno fra tanti altri.
Siano essi cristiani o no, credenti in Dio o no, non si può negare che meritano la beatitudine di Gesù: hanno vera fame e sete di giustizia come Lui. Alla fine, al momento della verità, si sentiranno dire, con immensa gioia da parte loro:
«Venite, benedetti dal Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo. Perché io avevo fame e mi avete dato da mangiare, avevo sete e mi avete dato da bere, ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito, malato e siete venuti a visitarmi, carcerato e siete venuti a trovarmi» (Mt 25, 34-36).

Concludiamo la riflessione, rileggendo le parole del Santo Pontefice, a riguardo di questa beatitudine.
“Nelle Scritture troviamo espressa una sete più profonda di quella fisica, che è un desiderio posto alla radice del nostro essere.
Un Salmo dice: «O Dio, tu sei il mio Dio, all’aurora ti cerco, di te ha sete l’anima mia, a te anela la mia carne, come terra deserta, arida, senz’acqua» (Sal 63, 2).
I Padri della Chiesa parlano di questa inquietudine che abita nel cuore dell’uomo. Sant’Agostino dice: «Ci hai fatti per te, Signore, e il nostro cuore non trova pace finché non riposa in te». C’è una sete interiore, una fame interiore, una inquietudine …
In ogni cuore, perfino nella persona più corrotta e lontana dal bene, è nascosto un anelito verso la luce, anche se si trova sotto macerie di inganni e di errori, ma c’è sempre la sete della verità e del bene, che è la sete di Dio.
È lo Spirito Santo che suscita questa sete: è Lui l’acqua viva che ha plasmato la nostra polvere, è Lui il soffio creatore che le ha dato vita.
Per questo la Chiesa è mandata ad annunciare a tutti la Parola di Dio, impregnata di Spirito Santo. Perché il Vangelo di Gesù Cristo è la più grande giustizia che si possa offrire al cuore dell’umanità, che ne ha un bisogno vitale, anche se non se ne rende conto.
Ad esempio, quando un uomo e una donna si sposano hanno l’intenzione di fare qualcosa di grande e bello, e se conservano viva questa sete troveranno sempre la strada per andare avanti, in mezzo ai problemi, con l’aiuto della Grazia.
Anche i giovani hanno questa fame, e non la devono perdere! Bisogna proteggere e alimentare nel cuore dei bambini quel desiderio di amore, di tenerezza, di accoglienza che esprimono nei loro slanci sinceri e luminosi.
Ogni persona è chiamata a riscoprire cosa conta veramente, di cosa ha veramente bisogno, cosa fa vivere bene e, nello stesso tempo, cosa sia secondario, e di cosa si possa tranquillamente fare a meno.
Gesù annuncia in questa beatitudine – fame e sete di giustizia – che c’è una sete che non sarà delusa; una sete che, se assecondata, sarà saziata e andrà sempre a buon fine, perché corrisponde al cuore stesso di Dio, al suo Santo Spirito che è amore, e anche al seme che lo Spirito Santo ha seminato nei nostri cuori.
Che il Signore ci dia questa grazia: di avere questa sete di giustizia che è proprio la voglia di trovarlo, di vedere Dio e di fare il bene agli altri.”
