Operatori di pace in un mondo di violenza

“La guerra è una follia, perché è folle distruggere case, ponti, fabbriche, ospedali, uccidere persone e annientare risorse anziché costruire relazioni umane ed economiche.

È una pazzia alla quale non ci possiamo rassegnare, mai. 

Mai la guerra potrà essere scambiata per normalità o accettata come via ineluttabile per regolare divergenze e interessi contrapposti, mai. 

Il fine ultimo di ogni società umana rimane la pace, tanto che si può ribadire che «non c’è alternativa alla pace, per nessuno».

Non c’è alcuna alternativa sensata alla pace, perché ogni progetto di sfruttamento e supremazia abbruttisce chi colpisce e chi ne è colpito, e rivela una concezione miope della realtà, dato che priva del futuro non solo l’altro, ma anche se stessi. 

La guerra appare così come il fallimento di ogni progetto umano e divino: basta visitare un paesaggio o una città, teatri di un conflitto, per accorgersi come, a causa dell’odio, il giardino si trasformi in una terra desolata e inospitale e il paradiso terrestre in un inferno”.

Sono queste le parole di papa Francesco riguardo alla guerra, che ha pronunciato ai vescovi del Mediterraneo, citando la Conclusione del dialogo con i capi delle Chiese e delle comunità cristiane del Medio Oriente, a Bari, il 7 luglio 2018.

La guerra è sempre una grande sciagura

Comunemente si ritiene che sia lecito a uno Stato respingere con le armi l’ingiusta aggressione da parte di un altro Stato: si considera lecita la guerra di difesa.

Anche i cristiani pensano che non sia giusto impedire a un popolo di difendere la propria identità e sopravvivenza.

Ma la guerra, anche di difesa, è sempre un’incalcolabile tragedia.

La guerra è certamente il mezzo più sbagliato per risolvere i problemi e le tensioni fra i popoli, e nessuno sforzo per impedirla deve essere considerato eccessivo.

Le vie della pace

Per questo i cristiani si impegnano contro la guerra, in favore della pace.

Essi non condividono la logica espressa dal detto degli antichi Romani: “Si vis pacem, para bellum”, cioè “Se vuoi la pace, prepara la guerra”.

Non credono che i sempre più sofisticati sistemi di difesa e l’accrescimento vertiginoso degli armamenti servano alla causa della pace, spaventando il nemico per dissuaderlo da una aggressione bellica.

La via della pace è invece quella della progressiva diminuzione ed eliminazione degli armamenti, dando sempre maggior efficacia a organismi internazionali che compongono le tensioni e stabiliscono la giustizia attraverso la legge e la ragione.

Creare una mentalità di pace

Tutti noi dobbiamo sensibilizzarci al grande ideale della pace e credere che può essere progressivamente realizzato.

Infondo Gesù è il Principe della pace, Egli è venuto in questo mondo per donare la pace.

Solo in Lui possiamo trovare la vera pace:

  • prima di tutto, pace con Dio. Gesù è il Principe di Pace, perché il Suo sacrificio ci riconcilia con Dio;
  • in seguito pace nel cuore, una pace che non potrai mai trovare da nessun’altra parte.

Gesù ha parlato di una pace che Lui è venuto a portare, diversa dalla pace che offre il mondo. Non significa quindi la mancanza di guerra o di conflitti, ma è il modo di essere che nasce dopo l’incontro con Lui.

“Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi” (Gv 14, 27).

Appare subito netta la distinzione tra la pace di Gesù e quella del mondo, intesa da San Giovanni Evangelista come la realtà non solo distinta da Gesù, ma addirittura in opposizione a Lui.

E il testo continua, concludendo il versetto con le parole: “Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore” (Gv 14, 27).

La pace di Gesù assicura una serenità interiore, una tranquillità che non dimentica le insidie del mondo (cfr. Gv 16, 2) e del suo capo (cfr. Gv 16, 33; 14, 30), eppure rimane ferma e granitica.

La prima parola del Signore dopo la Risurrezione ai suoi discepoli è “Pace a voi”.

Non è da sottendere un “sia”, quasi si trattasse di un bell’auspicio o augurio, ma un “è”, presente indicativo che esprime la realtà.

Si tratta del primo dono che il Risorto porge alla sua comunità, cioè la Chiesa.

L’autore tedesco, W. Trilling, parafrasa la Beatitudine sugli operatori di pace, in questo modo: “Beati quelli che nella vita quotidiana portano la pace, riconciliano i nemici, spengono gli odi, uniscono i cuori divisi, con un piccolo gesto, con una parola conciliante, ma che sale da un cuore pieno di Dio!”.

Dobbiamo compiere gesti concreti di pace nell’ambiente in cui viviamo e impegnarci a creare una diffusa mentalità di pace, di nonviolenza, di collaborazione e di amore.

I cristiani che accettano di fare il servizio militare, devono essere animati da questo spirito di pace.

Come si legge riguardo ai credenti dei primi secoli, essi amano la patria, sono disposti anche a dare la vita per la sua sicurezza e libertà, ma non si lasciano contagiare da un irragionevole orgoglio nazionale, da un infausto spirito di conquista, dall’odio per i nemici, perché per loro tutti gli uomini sono fratelli e sorelle, a qualunque razza o popolo appartengano.


L’obiezione di coscienza per la pace

Quando invece il cristiano rifiuta il servizio militare, che comporta l’uso delle armi, deve farlo non per motivi egoistici, ma per matura scelta di coscienza.

La cosiddetta obiezione di coscienza trova ampia motivazione nel messaggio non violento di Gesù ed è un gesto profetico, che molto può contribuire all’avanzamento della causa della pace.

Ovviamente l’obiettore di coscienza cristiano non misconosce e tanto meno odia la sua patria. La ama invece in modo diverso ma non per questo meno intenso, e non si esime affatto delle sue responsabilità verso di essa.

Nel caso di un’aggressione ingiusta della sua nazione, anche lui deve contribuire, benché con mezzi non violenti, alla difesa del suo popolo.

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