La via delle Beatitudini – XIII

Nella lunga storia del Cristianesimo, molti discepoli di Gesù hanno vissuto fedelmente il suo messaggio nella semplicità della vita quotidiana e nell’anonimato della gente comune, sconosciuti agli uomini, ma non a Dio.

Ve ne sono altri che hanno dato la testimonianza più visibile ed esemplare di una vita secondo le Beatitudini, incarnandole nel loro momento storico.

I santi non sono prima di tutto eroi della volontà o campioni dell’intelligenza. Sono i capolavori di Dio e del suo Spirito. Sono i veri discepoli di Gesù che hanno seguito fino in fondo il Maestro, vivendo con radicalità il messaggio delle Beatitudini. I santi sono totalmente relativi a Gesù. Senza di lui sono nessuno.

Con la loro vita dicono a tutti: “Vivere l’ideale delle Beatitudini è possibile. Anche tu puoi. Basta che tu voglia, basta che tu ti apra ad accogliere l’aiuto di Dio”.

La via della felicità vera e duratura non è la via del piacere, del denaro, del successo, dell’affermazione di sé, della vendetta, della negazione di Dio. Non è la via del “tutto e subito a qualunque costo”.

La via della felicità è paradossalmente la via del sacrificio, della pazienza, della rinuncia a se stessi, del perdono generoso, della fedeltà alla coscienza, distacco dalle cose, della fede in Dio…

È una via che non ha scorciatoie, che esige l’impegno di ogni giorno, sulla quale si avanza piccoli passi.

La via della felicità delle Beatitudini di Gesù.

Eccovi alcuni esempi di donne e di uomini del nostro tempo, che sono stati capaci di vivere le Beatitudini nella loro vita.

Padre Massimiliano Kolbe, francescano perseguitato dal nazismo, che nel campo di concentramento di Auschwitz prende il posto di un padre di famiglia condannato a morte.

Raoul Follereau, che ha dato tutta la vita per i lebbrosi.

Papa Giovanni XXIII, uomo mite, dedito a cercare ciò che unisce e a superare ciò che divide.

Roger Schutz, fondatore della comunità ecumenica di Taizé, che ha dedicato la vita per portare pace e unità nelle Chiese cristiane.

Martin Luther King, pastore protestante, ucciso a causa del suo impegno non violento per il superamento delle discriminazioni razziali negli Stati Uniti.

Madre Teresa di Calcutta, suora, che in India e nel mondo si è messa a servizio dei più poveri tra i poveri.

Marcello Candia, ricco imprenditore, che lascia tutto per andare in Brasile a servire i poveri.

Benedetta Bianchi Porro, una ragazza che, giunta alle soglie della laurea in medicina, vive una terribile malattia con una fede luminosa.

Chiara Luce Badano, appartenente al movimento dei focolari, morì poco prima di compiere 19 anni a causa di un osteosarcoma. È nota per la sua dedizione alla cura di bambini e anziani e il suo comportamento definito «eroico» davanti alla malattia.

Carlo Acutis, che fin da piccolo visse la fede in ogni aspetto della sua vita: a soli sette anni si accostò alla Prima Comunione. La sua devozione, rivolta in particolare, oltre che all’Eucaristia (che chiamava «La mia autostrada per il Cielo»), alla Madonna, lo portava quotidianamente a partecipare alla Santa Messa e a recitare il rosario. I suoi modelli erano i santi Francisco e Jacinta Marto, san Domenico Savio, san Luigi Gonzaga e san Tarcisio. Oltre agli interessi normali di un adolescente, si adoperava anche per aiutare gli ultimi. Tra le sue passioni c’era l’informatica, per la quale mostrava un grande talento, e della quale si serviva per testimoniare la fede attraverso la realizzazione di siti web. Nel 2006 si ammalò improvvisamente di leucemia fulminante, a causa della quale morì in soli tre giorni, dopo aver offerto le sue sofferenze per il Papa e per la Chiesa.

Papa Giovanni Paolo II, una figura straordinaria che ha segnato la storia del Novecento e della Chiesa. Un uomo che ha saputo impartirci una chiara lezione di vita sulla sofferenza, il dolore e la morte. Da quella cattedra della sofferenza, ha saputo continuare a insegnare con la testimonianza della sua vita e del suo dolore. Un papa, che infaticabilmente ci ha indicato costantemente Cristo: ci ha invitato a guardare a Lui, a ripartire da Lui: «Non abbiate paura! Aprite, anzi, spalancate le porte a Cristo!»

La via delle Beatitudini – XII

Oggi ritorniamo al tema delle Beatitudini, dopo la lunga pausa estiva.

Nell’enunciato di ciascuna delle Beatitudini c’è una tensione tra la prima parte, che descrive una situazione umanamente negativa e la seconda, che evoca un avvenire del tutto diverso.

Avvenire garantito da una promessa di Dio, portatrice di speranza.

Avvenire che comincia nella storia, nel mondo presente, ma che avrà compimento oltre la storia, nel regno di Dio.

Se si svuota la dimensione di futuro delle Beatitudini e la si riduce dentro un orizzonte puramente storico, si perde il senso dato loro da Gesù.

Basta infatti uno sguardo a quello che capita oggi nel mondo, a quello che è avvenuto nella storia, per vedere che la condizione umana è segnata dalla povertà di molti e dalla ricchezza dei pochi, dalla sofferenza e dal pianto dei miseri, dal forte che opprime impunemente il debole, dal cattivo che elimina l’innocente…

I poveri e gli oppressi muoiono poveri e oppressi, senza aver potuto vedere il giorno della liberazione e senza avere avuto dalla vita neppure un momento di felicità. Una storia che dura da millenni e di fronte alla quale, nonostante gli innegabili progressi, l’uomo appare impotente.

Su questa storia triste sembra stendersi il silenzio, il non intervento di Dio. Sembra che la violenza abbia via libera per dominare incontrastata. Per il credente nasce l’interrogativo: chi è il signore della storia? Dio o il peccato?

Con l’annuncio delle Beatitudini, Gesù proclama solennemente: contro l’incomprensibile storia di sofferenza e di ingiustizia, che lo sforzo umano con tutte le sue risorse di intelligenza e di volontà non riesce a debellare, entra in azione Dio stesso. Nonostante tutte le apparenze, è Dio il Signore della storia. Dio è giusto e renderà giustizia ai poveri e agli oppressi, darà la gioia agli afflitti.

Le Beatitudini rivelano il cuore di Dio: Egli vuole la vita e la gioia per tutti gli uomini, e non la morte. Gesù ci assicura che questa volontà si realizzerà infallibilmente.

Le Beatitudini sono il “no” assoluto e definitivo di Dio al male e alla sofferenza e la certezza che il senso della vita e della storia sono la pace e la gioia senza fine. La felicità di cui parlano le Beatitudini è perciò legata alla promessa di Dio, che dà all’uomo una meravigliosa speranza. La speranza anticipa nel presente, ciò che deve avvenire nel futuro.

Il messaggio delle Beatitudini è totalmente stravolto, se viene inteso come rassegnazione passiva al male, all’oppressione, alla sofferenza nel presente, in attesa di una felicità futura.

Le Beatitudini sono un appello a scegliere il progetto di vita in esse contenuto. L’annuncio della volontà e dell’azione di Dio diventa per l’uomo un preciso impegno morale. La felicità promessa è “condizionata” a chiare scelte.

Il “no” assoluto di Dio alla sofferenza, al peccato, all’ingiustizia esige da parte dell’uomo:

  • l’accettazione gioiosa della propria condizione di povero di fronte a Dio, la fede in Lui, il rifiuto della propria autosufficienza;
  • l’impegno concreto di tutte le forze creative dell’amore per vincere le sofferenze, le divisioni, le ingiustizie e portare consolazione, pace e giustizia;
  • la decisione di essere veri e sinceri nei rapporti con il prossimo, di avere sempre intenzioni rette nell’agire, evitando la doppiezza;
  • il rifiuto della violenza come via per la giustizia e la felicità, unito alla scelta di vincere il male con il bene e con il perdono generoso;
  • la disposizione a fare il bene secondo la volontà di Dio, anche a costo di persecuzioni e della stessa morte.

Ma più l’uomo si impegna attivamente con la forza dell’amore a lottare contro ogni male in sé e fuori di sé, più sperimenta l’impotenza umana a vincere “tutti” i mali. Esiste una sofferenza che nessun uomo può vincere e dalla quale solo Dio può liberarci. Con la parola e con la vita, Gesù ci assicura che Dio porterà a compimento l’opera di liberazione. Egli infatti ha sofferto durante la sua passione, ha offerto la propria vita morendo in croce, una tortura atroce e umiliante, una morte infame e scandalosa, ed è risorto, per affermare definitivamente che il peccato, la malattia e la morte non hanno più potere, ma sono state vinte da Gesù. Egli è più che vincitore nella lotta contro il male.

Dio rifiuta di approvare la prepotenza del male e si pone come garante della vittoria definitiva del bene su tutte le forze del male. Per questo le Beatitudini sono il più grande messaggio di speranza. Speranza che l’impegno, la fatica e le sofferenze, per seminare nel mondo la vita e la gioia, non saranno vani.

La via delle Beatitudini – XI

«Beati i perseguitati per causa della giustizia, perché di essi è il regno dei cieli.

Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia.

Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli. Così infatti hanno perseguitato i profeti prima di voi.» (Matteo 5, 10-12)

L’ottava beatitudine può essere intesa come il coronamento di ciò che viene detto da Gesù nel discorso della montagna.

C’è un segno ben preciso, stilistico, che conferma quest’idea. Anche qui, come per i poveri in spirito di cui parla la prima beatitudine, ai perseguitati a causa della giustizia viene promesso il regno dei cieli.

Il cerchio si chiude.

Le cose, tuttavia, non sono così semplici come si crede. Nel discorso della montagna, infatti, della giustizia si è già parlato. E dunque sembra che l’ottava beatitudine costituisca una ripetizione di quanto veniva detto a proposito di chi, della giustizia, ha fame e sete. Di più. Sembra che suggerisca, in maniera disillusa, che il voler avere giustizia, nel mondo in cui viviamo, sia causa di persecuzione. Anche se questo fatto, nelle parole di Gesù, non porta certo alla disperazione, bensì alla gioia.

In realtà la prospettiva in cui si guarda alla giustizia nella quarta e nell’ottava beatitudine è molto diversa.

Nel primo caso la giustizia è qualcosa a cui si aspira.

Nel secondo caso si patiscono le conseguenze di quest’aspirazione e del tentativo di realizzarla. Si tratta anzi, qui, di una beatitudine in cui la persona chiamata in causa non è considerata per quello che è, ma per quello che ha fatto o può fare.

Ma in che modo si può essere perseguitati a causa della giustizia? Che cosa vuol dire, qui, «giustizia»? Il riferimento non è, evidentemente, a coloro che sono vittime di una cattiva interpretazione della legge. Il discorso è più ampio. I veri giusti sono coloro che seguono Gesù. Sono coloro che non solo si conformano ai suoi insegnamenti, ma soprattutto che agiscono allo stesso modo in cui Gesù si è comportato. Fino a essere messo in croce proprio perché giusto.

La fede cristiana si realizza infatti proprio attraverso una relazione impegnativa e coinvolgente: la relazione personale con Gesù Cristo. E questa relazione è coinvolgente proprio in quanto spinge a seguirlo.

Le beatitudini dicono che cosa significa e come si compie questo legame con ciò che Gesù è e fa. E dicono che, in questo modo, l’uomo e la donna si realizzano sempre più pienamente, appunto come esseri umani.

Ecco perché – proprio nel riferimento a questo rapporto personale con Gesù che il cristiano è chiamato ad attuare, proprio nell’indicazione di questa sua possibilità di seguire fino in fondo ciò che viene detto nel discorso della montagna – trova qui piena conclusione la sequenza delle beatitudini.

Infatti solo ora diviene chiaro che cosa comporta l’assunzione dell’atteggiamento – innocente, bisognoso di consolazione, mite, volto alla ricerca della giustizia, misericordioso, puro, pacifico – che Gesù incarna. Comporta la fioritura della figura del giusto. Ma implica anche la possibilità che il giusto, proprio perché tale, venga perseguitato.

Com’è accaduto a Gesù stesso. Come sempre più spesso, in tante parti del mondo, accade oggi ai cristiani e non solo. Anche se i cristiani sanno, in ogni caso, che proprio dei giusti è il regno dei cieli.

Il Santo Padre ci spiega a proposito di questa ultima beatitudine:

“La povertà in spirito, il pianto, la mitezza, la sete di santità, la misericordia, la purificazione del cuore e le opere di pace possono condurre alla persecuzione a causa di Cristo, ma questa persecuzione alla fine è causa di gioia e di grande ricompensa nei cieli.

Il sentiero delle Beatitudini è un cammino pasquale che conduce da una vita secondo il mondo a quella secondo Dio, da un’esistenza guidata dalla carne – cioè dall’egoismo – a quella guidata dallo Spirito.

Il mondo, con i suoi idoli, i suoi compromessi e le sue priorità, non può approvare questo tipo di esistenza. Le “strutture di peccato”, spesso prodotte dalla mentalità umana, così estranee come sono allo Spirito di verità che il mondo non può ricevere (cfr Gv 14, 17), non possono che rifiutare la povertà o la mitezza o la purezza e dichiarare la vita secondo il Vangelo come un errore e un problema, quindi come qualcosa da emarginare. Così pensa il mondo: “Questi sono idealisti o fanatici…”. Così pensano loro.

Se il mondo vive in funzione del denaro, chiunque dimostri che la vita può compiersi nel dono e nella rinuncia diventa un fastidio per il sistema dell’avidità. Questa parola “fastidio” è chiave, perché la sola testimonianza cristiana, che fa tanto bene a tanta gente perché la segue, dà fastidio a coloro che hanno una mentalità mondana. La vivono come un rimprovero.

Quando appare la santità ed emerge la vita dei figli di Dio, in quella bellezza c’è qualcosa di scomodo che chiama ad una presa di posizione: o lasciarsi mettere in discussione e aprirsi al bene o rifiutare quella luce e indurire il cuore, anche fino all’opposizione e all’accanimento (cfr Sap 2, 14-15).

È curioso, attira l’attenzione vedere come, nelle persecuzioni dei martiri, cresce l’ostilità fino all’accanimento. Basta vedere le persecuzioni del secolo scorso, delle dittature europee: come si arriva all’accanimento contro i cristiani, contro la testimonianza cristiana e contro l’eroicità dei cristiani.

Ma questo mostra che il dramma della persecuzione è anche il luogo della liberazione dalla sudditanza al successo, alla vanagloria e ai compromessi del mondo. Di cosa si rallegra chi è rifiutato dal mondo per causa di Cristo? Si rallegra di aver trovato qualcosa che vale più del mondo intero. Infatti «quale vantaggio c’è che un uomo guadagni il mondo intero e perda la propria vita?» (Mc 8, 36). Quale vantaggio c’è lì?

È doloroso ricordare che, in questo momento, ci sono molti cristiani che patiscono persecuzioni in varie zone del mondo, e dobbiamo sperare e pregare che quanto prima la loro tribolazione sia fermata. Sono tanti: i martiri di oggi sono più dei martiri dei primi secoli. Esprimiamo a questi fratelli e sorelle la nostra vicinanza: siamo un unico corpo, e questi cristiani sono le membra sanguinanti del corpo di Cristo che è la Chiesa.

Ma dobbiamo stare attenti anche a non leggere questa beatitudine in chiave vittimistica, autocommiserativa. Infatti, non sempre il disprezzo degli uomini è sinonimo di persecuzione: proprio poco dopo Gesù dice che i cristiani sono il «sale della terra», e mette in guardia dal pericolo di «perdere il sapore», altrimenti il sale «a null’altro serve che ad essere gettato via e calpestato dalla gente» (Mt 5, 13). Dunque, c’è anche un disprezzo che è colpa nostra, quando perdiamo il sapore di Cristo e del Vangelo.

Bisogna essere fedeli al sentiero umile delle Beatitudini, perché è quello che porta ad essere di Cristo e non del mondo. Vale la pena di ricordare il percorso di San Paolo: quando pensava di essere un giusto era di fatto un persecutore, ma quando scoprì di essere un persecutore, divenne un uomo d’amore, che affrontava lietamente le sofferenze della persecuzione che subiva (cfr Col 1, 24).

L’esclusione e la persecuzione, se Dio ce ne accorda la grazia, ci fanno somigliare a Cristo crocifisso e, associandoci alla sua passione, sono la manifestazione della vita nuova. Questa vita è la stessa di Cristo, che per noi uomini e per la nostra salvezza fu «disprezzato e reietto dagli uomini» (cfr Is 53, 3; At 8, 30-35).

Accogliere il suo Spirito ci può portare ad avere tanto amore nel cuore da offrire la vita per il mondo senza fare compromessi con i suoi inganni e accettandone il rifiuto. I compromessi con il mondo sono il pericolo: il cristiano è sempre tentato di fare dei compromessi con il mondo, con lo spirito del mondo.

Questa – rifiutare i compromessi e andare per la strada di Gesù Cristo – è la vita del Regno dei cieli, la più grande gioia, la vera letizia. E poi, nelle persecuzioni c’è sempre la presenza di Gesù che ci accompagna, la presenza di Gesù che ci consola e la forza dello Spirito che ci aiuta ad andare avanti.

Non scoraggiamoci quando una vita coerente col Vangelo attira le persecuzioni della gente: c’è lo Spirito che ci sostiene, in questa strada.”