Amare il prossimo nella giustizia e nella verità

Amore, parola ambigua sotto il cui dolce suono molte volte si contrabbanda il più nero egoismo.

Diciamo “ti amo”, ma in realtà amiamo solo noi stessi e riduciamo l’altro a strumento della nostra affermazione e del nostro piacere.

Si può giungere addirittura a chiamare col nome “amore” la più terribile violenza,

quella che uccide ed elimina l’altro che disturba e da fastidio:

  • il malato incurabile
  • il vecchio “inutile”
  • il bambino non ancora nato
  • l’oppositore irriducibile.

E tutto questo è chiamata “civiltà”.

Civiltà è amarsi.

La sola verità è amarsi.

Ma la verità dell’amore è la rinuncia a se stessi, perché l’altro abbia la vita e la gioia.

La verità dell’amore parte dalla giustizia che accetta l’altro con i suoi pregi e i suoi difetti.

“Chi ama è paziente e premuroso. È buono. Chi ama non è geloso, non si vanta, non si gonfia di orgoglio.

Chi ama è rispettoso, non va in cerca del proprio interesse, non conosce la collera, dimentica i torti.

Chi ama rifiuta l’ingiustizia, la verità è la sua gioia.

Chi ama, tutto scusa, di tutti ha fiducia, tutto sopporta, non perde mai la speranza.

L’amore non tramonterà mai. “ cfr. 1 Cor 13, 4-8

A questo proposito, si insegna Santa Teresa di Calcutta:

La peggiore malattia oggi

è il non sentirsi desiderati

né amati, il sentirsi abbandonati.

Vi sono molte persone al mondo

che muoiono di fame,

ma un numero ancora maggiore

muore per mancanza d’amore.

Ognuno ha bisogno di amore.

Ognuno deve sapere

di essere desiderato, di essere amato,

e di essere importante per Dio.

Vi é fame d’amore,

e vi é fame di Dio.

Santa Teresa di Calcutta

L’egoismo uccide, l’amore fa vivere.

Nel loro giudizio sulle azioni umane, per poter dire se sono “buone” o “cattive”, i cristiani si lasciano guidare dalla ragione illuminata dalla fede.

Per questo si mettono in ascolto della Parola di Dio, espressa anzitutto nella Bibbia.

Quanto dice la Bibbia sulla vita?

“Vita” e “vivere” sono tra le parole che ricorrono con maggiore frequenza nelle Sacre Scritture.

Dal primo capitolo della Genesi, che presenta Dio creatore della vita (quella della Terra, delle piante, degli animali e soprattutto dell’uomo e della donna), fino all’ultimo capitolo dell’Apocalisse, che è un inno al trionfo pieno e definitivo della vita sulla morte.

Dio è per la vita, Dio è il Vivente, Colui che dà all’uomo la vita. La vita viene da Lui (cfr. Gn 2, 7): è un Suo dono prezioso.

Perciò la vita è sacra.

Dio ama la vita e vuole che perduri e si diffonda (cfr. Gn 1, 22.28).

Dio prende la vita umana sotto la Sua protezione e proibisce l’uccisione dell’uomo (cfr. Gn 4, 10-12 e 9, 5). Vedi anche il 5° comandamento: “Non uccidere” (cfr. Es 20, 13 e Dt 5, 7).

Dio non si compiace della morte di nessuno (cfr. Ez 18, 23), perché Egli “non è un Dio dei morti, ma dei viventi!” (Mc 12, 27).

Gesù ci rivela il valore e il senso della vita. Attraverso le sue parole e le sue azioni, Gesù mostra che la vita è un bene prezioso: “salvare una vita” è più importante della stessa osservanza religiosa del Sabato (cfr. Mc 3, 4).

Gesù guarisce e restituisce la vita, perché Egli stesso è la vita (cfr. Gv 14, 6).

Ma pure essendo così preziosa, la vita fisica non è il bene più grande per l’uomo: per non perdere l’amore di Dio egli deve essere disposto anche a sacrificare la propria vita, come fa fatto Gesù con la morte in croce. Ma per questo suo amore totale, Dio Padre “gli ha dato nella Risurrezione una nuova vita”: una vita gloriosa, che non conosce più la morte.

Coloro che credono in Gesù Cristo, attraverso il Santo Battesimo sono diventati già partecipi di questa “vita nuova” (cfr. Rm 6, 10) e sono in attesa della partecipazione piena e definitiva, dopo la morte.

Nell’Antico Testamento troviamo il comandamento di Dio: “Amerai il tuo prossimo come te stesso” (Levitico 19, 18). Nel Vangelo Gesù riconferma questo comandamento (cfr. Mt 22, 39; Mc 12, 31; Lc 10, 27), spiegando che nel prossimo sono compresi tutti gli uomini e le donne, senza nessuna esclusione, neppure quella dei nemici (cfr. Mt 5, 21-26.38-48; Lc 10, 29-37).

Ancora nell’Antico Testamento troviamo questa norma: “Non fare a nessuno ciò che non piace a te” (Tobia 4, 15).

È la formula in negativo della cosiddetta “regola d’oro” della morale. Essa viene espressa in positivo da Gesù: “Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro” (Mt 7, 12).

Proposto così, il comandamento dell’amore del prossimo diventa molto impegnativo: la misura dell’aiuto non è più la giustizia, ma l’impegno per un bene sempre più grande, come ciascuno desidera per se stesso.

Il comandamento dell’amore, è un comandamento per la vita.

Ispirandosi all’esempio e alla parole di Gesù, fin dall’antichità i cristiani hanno elaborato un elenco dei principali gesti di aiuto verso il prossimo: sono le opere di misericordia corporali e spirituali o anche dette opere dell’amore.

Le opere di misericordia corporale

  1. Dar da mangiare agli affamati
  2. Dar da bere agli assetati
  3. Vestire gli ignudi
  4. Alloggiare i pellegrini
  5. Visitare gli infermi
  6. Visitare i carcerati
  7. Seppellire i morti

Le opere di misericordia spirituale

  1. Consigliare i dubbiosi
  2. Insegnare agli ignoranti
  3. Ammonire i peccatori
  4. Consolare gli afflitti
  5. Perdonare le offese
  6. Sopportare pazientemente le persone moleste
  7. Pregare Dio per i vivi e per i morti

Vediamole più da vicino.

Le opere di misericordia corporale

1) Dar da mangiare agli affamati e 2) dar da bere agli assetati

Queste due prime opere di misericordia corporale sono complementari e si riferiscono all’aiuto che dobbiamo dare in cibo e altri beni a chi più ne ha bisogno, a coloro che non hanno l’indispensabile per poter mangiare ogni giorno.

Gesù, come dice il Vangelo di San Luca, raccomanda: “Chi ha due tuniche, ne dia una a chi non ne ha; e chi ha da mangiare, faccia altrettanto” (Lc 3, 11).

3) Vestire gli ignudi

Quest’opera di misericordia tende a venire incontro a una necessità fondamentale: il vestito. Spesso ci viene richiesta la raccolta di indumenti che si fa nelle parrocchie o in altri centri di assistenza. Nel momento di donare i nostri indumenti, è bene pensare che possiamo dare cose per noi superflue o che non ci servono più, ma anche qualcosa che ci è ancora utile.

Nella lettera di San Giacomo veniamo incoraggiati a essere generosi: “Se un fratello o una sorella sono senza vestiti e sprovvisti del cibo quotidiano e uno di voi dice loro: «Andatevene in pace, riscaldatevi e saziatevi», ma non date loro il necessario per il corpo, che giova?” (Gc 2, 15-16).

4) Ospitare i pellegrini

Anticamente, dare ospitalità ai viaggiatori era una questione di vita o di morte, dati i disagi e i rischi dei viaggi. Oggi non è più così. Ma potrebbe comunque accaderci di ricevere qualcuno in casa nostra, non per semplice ospitalità verso un amico o un familiare, ma per un vero caso di necessità.

5) Visitare gli infermi

Si tratta di una vera assistenza ai malati e agli anziani, sia in ciò che riguarda l’aspetto fisico, sia facendo loro compagnia per un po’ di tempo.

L’esempio migliore della Sacra Scrittura è quello della parabola del buon samaritano, che si prese cura del ferito e, non potendo continuare a occuparsene direttamente, lo affidò alle cure di un altro, pagando di tasca propria (cfr. Lc 10, 30-37).

6) Visitare i carcerati

Consiste nel far visita ai carcerati, dando loro non soltanto un aiuto materiale ma un’assistenza spirituale, perché possano migliorare come persone e correggersi, magari imparando a svolgere un lavoro che possa essere loro di aiuto quando sarà terminato il periodo di detenzione.

Invita anche ad adoperarsi per liberare gli innocenti e chi è stato sequestrato. Anticamente i cristiani pagavano per liberare gli schiavi o si offrivano in cambio di prigionieri innocenti.

7) Seppellire i morti

Cristo non aveva un luogo dove posare il capo. Un amico, Giuseppe d’Arimatea, gli cedette la propria tomba. Non soltanto, ma ebbe il coraggio di presentarsi a Pilato e di chiedergli il corpo di Gesù. Partecipò anche Nicodemo, che aiutò a seppellirlo (cfr. Gv 19, 38-42).

Seppellire i morti sembra un ordine superfluo, perché, di fatto, tutti vengono seppelliti. Però, per esempio, in tempo di guerra può essere una necessità pressante oppure in questo tempo che stiamo vivendo, durante la pandemia di Covid-19, dove anche il seppellire i morti è diventato insolito.

Perché è importante dare una degna sepoltura al corpo umano? Perché il corpo umano è stato dimora dello Spirito Santo. Siamo “tempio dello Spirito Santo” (1 Cor 6, 19).

Le opere di misericordia spirituale

1) Consigliare i dubbiosi

Uno dei doni dello Spirito Santo è il dono del consiglio. Per questo colui che vuol dare un buon consiglio deve, prima di ogni cosa, essere in sintonia con Dio, perché non si tratta di dare opinioni personali, ma di consigliare bene chi ha bisogno di una guida.

2) Insegnare agli ignoranti

Consiste nell’insegnare all’ignorante le cose che non sa: anche in materia religiosa.

Si evoca qui la strana condizione dell’uomo, e specialmente dell’uomo di oggi, che sa tutto tranne le cose che contano, che porta a termine le indagini più complicate ed è muto davanti alle domande fondamentali e più semplici, che è in grado di andare a raccogliere i sassi sulla luna e non può dirsi che cosa è venuto a fare sulla terra.

Ignorare quale sia il significato del nostro stesso vivere; ignorare quale sia il destino che alla fine ci aspetta; ignorare se la nostra venuta all’esistenza abbia come premessa e come ragione un disegno d’amore oppure una casualità cieca.

Il primo e più grande atto di carità che possa essere compiuto verso l’uomo è quello di dirgli le cose come stanno. Che vuol dire anche svelargli la sua autentica identità.
Il cristiano deve annunciare instancabilmente la verità.

Come dice il libro di Daniele, “coloro che avranno indotto molti alla giustizia risplenderanno come le stelle per sempre” (Dn 12, 3).

3) Ammonire i peccatori

Quest’opera di misericordia si riferisce soprattutto al peccato. Si tratta di correggere colui che si sbaglia.

La correzione fraterna è spiegata proprio da Gesù nel vangelo di Matteo: “Se il tuo fratello commette una colpa, va’ e ammoniscilo fra te e lui solo; se ti ascolterà avrai guadagnato il tuo fratello” (Mt 18, 15).

Dobbiamo correggere il nostro prossimo con mansuetudine e umiltà. Spesso sarà difficile farlo, ma in questi casi possiamo ricordare ciò che dice l’apostolo Giacomo alla fine della sua lettera: “Chi riconduce un peccatore dalla sua via di errore, salverà la sua anima dalla morte e coprirà una moltitudine di peccati” (Gc 5, 20).

4) Consolare gli afflitti

La consolazione dell’afflitto, di colui che attraversa qualche difficoltà, è un’altra opera di misericordia spirituale.

Spesso sarà completata dal buon esempio, che aiuti a superare questa situazione di dolore o di tristezza. Rimanere vicino ai nostri fratelli in ogni momento, ma soprattutto in quelli più difficili, significa mettere in pratica il comportamento di Gesù che s’immedesimava nel dolore altrui.

Un esempio lo troviamo nel Vangelo di San Luca. Si tratta della risurrezione del figlio della vedova di Nain: “Quando fu vicino alla porta della città, ecco che veniva portato al sepolcro un morto, figlio unico di madre vedova; e molta gente della città era con lei. Vedendola, il Signore ne ebbe compassione e le disse: ‘Non piangere!’. E accostatosi toccò la bara, mentre i portatori si fermarono. Poi disse: ‘Giovinetto, dico a te, alzati’. Il morto si levò a sedere e incominciò a parlare. Ed egli lo diede alla madre” (Lc 7, 12-15).

5) Perdonare le offese

Nel Padre Nostro diciamo: “Rimetti a noi i nostri debiti come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori”, e il Signore stesso preciserà: “Se voi perdonerete agli uomini le loro colpe, il Padre vostro celeste perdonerà anche a voi” (Mt 6, 14).

Perdonare le offese vuol dire superare la vendetta e il risentimento. Significa trattare con amabilità coloro che ci hanno offeso.

Nell’Antico Testamento l’esempio migliore di perdono è quello di Giuseppe, che perdonò i suoi fratelli che avevano pensato di ucciderlo e poi lo avevano venduto: “Ma ora non vi rattristate e non vi crucciate per avermi venduto quaggiù, perché Dio mi ha mandato qui prima di voi per conservarvi in vita” (Gn 45, 5).

Il più grande perdono del nuovo Testamento è quello di Cristo sulla Croce, che ci insegna che dobbiamo perdonare tutto e sempre: “Padre, perdonali, perché non sanno quello che fanno” (Lc 23, 34).

6) Sopportare pazientemente le persone moleste

La pazienza, quando si è alle prese con i difetti altrui, è una virtù ed è un’opera di misericordia.

Tuttavia, ecco un consiglio molto utile: quando sopportare i difetti degli altri causa più danno che bene, bisogna farli notare con molta carità e amabilità.

7) Pregare Dio per i vivi e per i morti

San Paolo raccomanda di pregare per tutti, senza distinzione, anche per chi ci governa e per le persone che hanno responsabilità, perché Egli “vuole che tutti gli uomini siano salvati e arrivino alla conoscenza della verità” (1 Tm 2, 4).

I morti che si trovano nel Purgatorio dipendono dalle nostre preghiere. È una buona opera pregare per loro, affinché siano assolti dai loro peccati (cfr. 2 Mac 12, 45).

Le opere di misericordia richiamano chiaramente delle precise parole di Gesù, che abbiamo gustato ultimamente, quelle delle Beatitudini (cfr. Mt 5, 3-12) e queste altre:

“Perché io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi” (Mt 25, 35-36).

Il racconto della seconda venuta di Gesù prosegue in questo modo. I giusti rispondono a Gesù: “Signore, quando mai ti abbiamo fatto questo?”

“Rispondendo, il re dirà loro: In verità vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me.”

Si conclude affermando che i giusti avranno la vita eterna (cfr. Mt 25, 31-46)

Dal 8 dicembre 2015 al 20 novembre 2016, papa Francesco ha proclamato il Giubileo straordinario della misericordia. In questa occasione il Santo Padre ci ha chiesto di riscoprire le opere della misericordia, “per risvegliare la nostra coscienza spesso assopita davanti al dramma della povertà e per entrare sempre di più nel cuore del Vangelo, dove i poveri sono i privilegiati della misericordia divina”.

Che effetti hanno le opere di misericordia?

  • Comunicano la grazia di Dio a chi le esercita.
  • Ci fanno assomigliare a Gesù, il nostro modello, che ci ha insegnato come deve essere il nostro atteggiamento verso gli altri.
  • Riducono la pena della nostra anima per i nostri peccati.
  • Ci fanno avanzare nel cammino verso il Cielo, nel cammino di santità.

L’elenco delle opere di misericordia può essere allungato, reso più rispondente alle esigenze di oggi e più adeguato alle capacità di ciascuno.

Per tutti noi, esse diventano un modo concreto di esprimere l’amore del prossimo e di promuovere la vita.